Onorevoli Colleghi! - Dal punto di vista sociale, il possesso di un animale domestico rappresenta un fenomeno ormai diffusissimo: l'invecchiamento della popolazione e una mutata sensibilità sociale hanno portato, soprattutto negli ultimi anni, sempre più nuclei familiari a possedere animali domestici.
      Dati Eurispes riferiti al 2002 indicano in quasi 15 milioni i cani e i gatti presenti nelle case del nostro Paese. E conseguentemente è sempre più elevata l'incidenza delle spese familiari sostenute per il loro mantenimento e per il loro benessere: circa 3.800 milioni di euro spesi annualmente dagli italiani per gli animali domestici, e di questi circa 1.600 milioni di euro solo per prestazioni veterinarie.
      È certamente un fenomeno sociale di dimensioni sempre maggiori, e ciò deve essere un motivo in più di attenzione da parte del legislatore.
      Così è stato per esempio quando con l'articolo 32 della legge 21 novembre 2000, n. 342, in materia fiscale, si è introdotta nell'articolo 13-bis, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, ora articolo 15, la lettera c-bis), prevedendo così finalmente la possibilità

 

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per i possessori di animali da compagnia di usufruire di detrazioni fiscali per le spese veterinarie che sono state sostenute durante l'anno.
      Con la proposta di legge che si sottopone ora alla vostra attenzione si chiede che le spese veterinarie sostenute per animali domestici legalmente detenuti siano esenti dal pagamento dell'imposta sul valore aggiunto (IVA), al pari di molte altre prestazioni sanitarie.
      La proposta di legge esclude volutamente dai benefìci fiscali non solo quegli animali più o meno considerati domestici, e peraltro abbastanza diffusi nelle case italiane, come i pesci d'acquario, gli uccelli, i roditori, eccetera, ma esclude chiaramente anche tutti gli animali «esotici» da salotto, la cui detenzione sta diventando purtroppo un fenomeno assai diffuso e sempre più dilagante. Stando infatti ai dati disponibili forniti dall'Eurispes, il commercio mondiale di iguane, serpenti e pantere «casalinghi» raggiunge l'incredibile cifra di 3.800 milioni di euro l'anno. E per quanto concerne il nostro Paese, quasi 3.000 italiani possiedono un felino esotico (leone, pantera, leopardo, eccetera), mentre sono 60.000 i proprietari di rettili e quasi 30.000 coloro che possiedono testuggini terrestri.
      Attualmente la normativa vigente, e più precisamente il decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, istitutivo dell'IVA, prevede che le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona siano esenti dal pagamento dell'IVA. Infatti oggi chi si rivolge a un oculista, a un dentista, a un ginecologo o al pediatra per il proprio figlio non paga tale imposta. Chi invece si rivolge ad un veterinario per cure al proprio animale domestico è tenuto al pagamento del 20 per cento dell'IVA.
      È proprio su questo aspetto che interviene, quindi, la proposta di legge, prevedendo appunto l'esenzione dal pagamento dell'IVA in relazione alle spese mediche sostenute per la cura di cani, di gatti e di cavalli detenuti legalmente. Si ritiene infatti che queste siano spese che, seppure non assimilabili a quelle per la cura alla persona (per le quali appunto già esiste l'esenzione fiscale), sono certamente spese sanitarie sostenute in relazione alla sfera personale del soggetto.
      L'articolo 1 modifica l'articolo 10 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 istitutivo dell'IVA, nel senso descritto.
      L'articolo 2 dispone la necessaria copertura finanziaria.
 

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